Parole nel tempo

Valeria Ancillotti, scrittrice e traduttrice

 

Come un germoglio d’inverno che colora le strade
mi allungherò per catturare il tuo obiettivo.
E quel velo di brina che fa da corazza
nel lento dissolversi ti racconterà
il mio desiderio di sbocciare,
e il tuo di vivere, puntualmente, in me.

Primo premio!

La mia poesia "Il mese della libertà" si è classificata prima alla XIX edizione del concorso "NEROsuBIANCO", presieduta dal poeta Mario Sodi.

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Il mese della libertà

Si è alzato il vento,
sfiorando quei gruppetti di ginestre testarde.
I colori sono fiochi
la luce scalda l’erba umida del mattino
e s’intravede il campanile.
Guardo fuori da una finestra diversa
simil cipressi sul lungo fiume del vecchio muro d’Europa.
Vorrei raccontarti che cosa succede,
talvolta in silenzio ti riesco a parlare.
Fantasia e ricordi colorano il cielo
mostrandoci nuovi sentieri
da percorrere con coraggio.
Oggi nel vetro mi vedo sorridere
e attendo la tua rinascita.
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Menzione di merito

La II edizione de "La panchina dei versi" mi ha assegnato la menzione di merito per la mia poesia "Il bosco nella soffitta".

Il bosco nella soffitta

Fra le tegole ingiallite
quel che resta di un progetto. Fra le scatole e i bauli
quel profumo di bosco
che la rugiada di terra sprigiona.
                        
Inspiegabile
quel profumo di bosco nella soffitta.
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Chi sono

Valeria Ancillotti è nata a Firenze nel 1981. Traduttrice, scrittrice e insegnante di lingua italiana per stranieri, inizia i suoi studi linguistici alla Facoltà di Lingue dell’Università degli Studi di Firenze, trasferendosi a Los Angeles per approfondire gli studi di lingua inglese e spagnola al West Los Angeles College per poi rientrare a Firenze e laurearsi alla Scuola di Interpreti e Traduttori Carlo Bo. Dal 2015 vive e lavora a Berlino.
In occasione del suo 40° compleanno pubblica la sua prima raccolta di poesie Parole nel tempo, con prefazione a cura di Paolo Butti, nella quale troverete testi che sono frutto di una rielaborazione di parole, pensieri e riflessioni che - nel prender forma - disegnano quei luoghi del cuore e dell’intelletto che fanno parte del suo vissuto.
Valeria

Note critiche

Paolo Butti:
La silloge Parole nel tempo si impone fin dall'inizio all'attenzione del lettore per l'ampio respiro che la pervade, proiezione della ricca esperienza esistenziale maturata dall'autrice a contatto con popoli e culture diverse, anche lontane fra di loro, da cui ha saputo accogliere con intelligenza i tanti stimoli di crescita, i tanti frutti che di volta in volta le venivano offerti. Pensiamo a Berlino, a questo punto di incontro («Melting Pot») internazionale e a quello che poteva e può offrire dopo l'abbattimento «del vecchio muro d'Europa» (Il mese della Libertà).

Un'esperienza che Valeria Ancillotti ha affiancato con i suoi studi, anch'essi dagli ampi orizzonti, conclusi a Firenze con la laurea presso la Scuola di Interpreti e Traduttori e con tutti gli itinerari in cui conseguentemente poteva avventurarsi, come quello finalizzato al confronto fra le varie letterature sotto la guida di Ernestina Pellegrini. Un'ampiezza di respiro sottolineata dalla conclusione dell'opera, affidata a una sorta di appendice (Extra 1 e 2), a due poesie in lingua inglese, nella “lingua globale”, e per di più con due versi in lingua spagnola e due in lingua tedesca (Extra 1. Melting Pot), che ne dilata la prospettiva. Nei componimenti spira un'aria fresca che non conosce confini e che generalmente porta la raccolta a muoversi nella limpidezza di elevate altitudini.

Sul piano tematico, Parole nel tempo privilegia gli affetti domestici, quelli della «casa, / ovunque essa sia» (Verso casa): l'amore verso i familiari, verso il marito, verso il figlio non avuto, con un canto che spesso diventa occasione di approfondimento e di riflessione più generale.

 

E si apre con i genitori, prima il padre e poi la madre.

Il padre, docente e studioso di selvicoltura e scienze naturali, è l'uomo che Valeria ricerca e ritrova nei simboli della sua attività, della sua vita, del suo intenso rapporto con lei, un rapporto che continua oltre la morte, oltre il tempo.

La madre, altro punto di riferimento, ha un'importanza particolare, perché assume, sia pure in modo delicato e quasi trasparente, una doppia funzione, quella di madre di Valeria e quella, in qualche modo, di suo “alter ego” immaginario, come indica già il titolo Essere Avere – Mamma, un titolo che suggerisce, appunto, due chiavi di lettura diverse ma strettamente legate fra di loro: una è “l'avere una mamma”, il sentirla sempre accanto nonostante il mutare dei «colori», delle stagioni, fisiche e metafisiche, l'altra è “l'essere mamma”, una condizione che, al di là dello stretto valore semantico delle parole che rimanda alla prima chiave interpretativa, è avvertita dall'autrice con altrettanta, se non maggiore intensità, come sembra dirci anteponendo il verbo «Essere» al verbo «Avere».

Altri pensieri

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Raccontare per raccontarsi

Raccontare per raccontarsi, evocando odori e profumi e cercando di memorizzarli nel presente e conservarli per un futuro istante.
Sono fiorentina, non mi sento di un’altra città, non voglio esserlo.
Eppure vivo in un altro Paese, fuori da quel luogo che avevo desiderato con tutta me stessa chiamare casa.
La nostalgia gioca un ruolo predominante in tutto ciò che faccio, in quello che penso e in come mi comporto. Quella nostalgia che fa eco al passato andato perso, al presente mutevole e al futuro incerto. La nostalgia riecheggia familiarità.
È come se mi sentissi il dovere di testimoniare, osservando, ascoltando e registrando il mio intorno per poi ricordare quelle case, quei luoghi, quei volti abbandonati altrove e ricreare una sorta di memoria collettiva.
Nostalgia dei luoghi, degli odori e dei suoni, tutti costrutti della mia immaginazione, momenti passati, persone, amici, familiari, forme e colori, fiori, frutti o semplici ricette che emanano da pareti, tessuti, arredi e intonaci.
Le fotografie sono uno dei media più forti nel mio piccolo mondo e la narrativa che le accompagna racconta la storia, stimola i ricordi e li trasforma in azione, collegando la vita dell'osservato con quella dell’osservatore, chiunque esso sia.
Il passaggio del tempo permette aggiustamenti, alterazioni e abbellimenti dei ricordi.
Ascoltando echi di tempi lontani, provo a capire il mio percorso e quello di altri. E le storie si moltiplicano mentre emozioni e pensieri scorrono veloci.

Come eravate belli

Lo specchio è sempre stato un oggetto di grande fascino per me. A soli due anni scoprii che potevo vedere me e altri sullo sfondo, baciarmi e baciarli senza giudizio, una sensazione bellissima che mi sono portata dietro, crescendo, senza neanche accorgermene. E così sono diventate, una ad una, tutte le superfici in cui posso riflettere la mia immagine e quella di altri.
Il nonno Valerio, questa cosa non sembrava sopportarla: vedermi crescere specchiandomi anche quando andavo a trovarlo, nella casa di via Barbera... il solo pronunciare queste parole mi fa viaggiare nel tempo.

Dalla camera da letto matrimoniale in stile liberty e tessuti in blu Cina, armadio a tre ante - quindi, tre specchi - comò specchiera, cappelliera con specchio, passavo poi al corridoio dove mi attendeva una scarpiera sormontata da specchio rotondo anni ‘50, per poi terminare la mia sfilata in bagno e specchiarmi di nuovo: il massimo del divertimento e forse il massimo dell’auto celebrazione innocente... senza “like” o pollici riversi.

Quanto eravate belli, senza neanche aver bisogno di andare dal parrucchiere a cambiare stile e colore dei capelli; indossavate vestiti dai colori di cui adesso dimentichiamo il nome in italiano, cuciti a mano dalle mani operose delle mamme esperte; fisici magri e tonici, acne esclusivamente fino ai 13 anni, semplici, educati, sinceri e circondati di affetto e comprensione.

Gli anni di studio tiravano una riga ma senza mai offendere la dignità personale, i curricula erano una parola conosciuta ai più dotti e certo non qualcosa che si faceva arrivare a destinazione in meno di tre secondi in tutto il pianeta Terra.
A piedi con garbo, a scuola con garbo, a casa con garbo, a lavoro con garbo, in auto con garbo, in vacanza con garbo. Sorridenti e altruisti, simbolo dell’accoglienza e della generosità, anche quando si trattava di porgere un saluto a un estraneo per strada e regalare un dolce fatto in casa per Natale, al vicino. Dove siete finiti? E perché ci avete educato a fare il contrario?
Mentire spudoratamente, isolarsi, scacciarci l’un l’altro, evitare il contatto sotto ogni forma.
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L'amicizia a tempo determinato

Le esperienze di vita diverse fanno crescere in maniera diversa, plasmando il modo di pensare, i gusti, le abitudini, e talvolta non c’è proprio modo di tornare indietro.. vale anche per le amicizie.

In particolare, negli anni ho notato che dietro a un uso smodato di piattaforme di comunicazione come Whatsapp e simili si nascondono personalità passivo-aggressive, incapacità di crescita nelle relazioni interpersonali, non accettazione di essere rifiutati, e anche molta ignoranza linguistica.

“Ma sei viva? Ma sei morta? Tutto bene?...

"Perché non mi rispondi?" "Ma dove sei finita?" "Così mi fai preoccupare!" "Ma quando ci vediamo?" "Ma quando ci sentiamo?" "Dai, non sparire!".

Messaggi che poi non vengono seguiti da una telefonata.. telefoni e smartphone sembrano misteriosamente non essere più idonei ad una chiamata tradizionale.

Sono a favore dell’amicizia a tempo determinato. 

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